Al giorno d’oggi non si fa che parlare di bullismo, cyberbullismo, legalità, con tante iniziative che fanno presagire un impegno su problemi di fondo della società.

Ribadendo il principale concetto che di educazione possono trattare soltanto esperti nel campo, laureati e specializzati in termini di pedagogia ed educazione, ma che, purtroppo, ci troviamo davanti a tante persone che si improvvisano educatori, pur avendo diversi titoli di studio o, addirittura, non avendone affatto, nel nostro Paese, c’è l’abitudine di lavorare sulle emergenze e non sulla prevenzione, il che porta, più che ad interventi strutturati, al seguire delle mode.

Si è assistito, quindi, ad uno spacchettamento dell’educazione, a seconda, appunto, della moda del momento passando per il tema dell’ambiente, della sessualità e della sicurezza stradale, a quello, appunto, del bullismo e del cyberbullismo. Trovo che questa modalità sia errata, a tratti deleteria, perché la matrice comune dell’educazione, in tutte le sue sfumature, è il rispetto dell’Altro.

A scuola, diversi anni fa, tutti questi aspetti erano racchiusi nel termine educazione civica, una materia importantissima alla quale, comunque, seguiva lo stesso insegnamento in famiglia: il rispetto per le persone e per le cose era il leitmotiv da entrambe le parti.

Posso, quindi, affermare che il rispetto lo si può ottenere con una buona educazione ai sentimenti.

Ma cosa si intende per educazione ai sentimenti? La risposta è semplice: empatia. E’ attraverso la partecipazione ai sentimenti dell’altro che possiamo conoscerlo, comprenderlo, rispettarlo.

L’accettazione dell’Altro così come è, con i suoi pregi, difetti, avviene dentro di me, solo quando mi sono messa “nei suoi panni”, nel suo vissuto e ho riconosciuto e compreso il suo punto di vista, anche se diverso dal mio.

E’ una bella capacità, questa, che, allora, bisognerebbe coltivare nei bambini è proprio la naturale capacità empatica dell’uomo. Questa caratteristica va vissuta con estrema sincerità, non si può barare, non basta studiarla sui libri, dovrebbe essere una filosofia di vita, in qualsiasi momento e contesto.

La prima volta che entrai in contatto con la parola “empatia” fu in un corso di pedagogia speciale tenuto dalla grandissima pedagogista Angela Carlino Bandinelli. Ricordo che quando le chiesi, esattamente, cosa significasse capacità empatica, lei mi rispose, all’incirca, così: “la capacità empatica equivale al mettersi nella pelle di qualcun altro, vedere le cose dal suo punto di vista, tener presente la sua condizione, sociale, culturale, economica quando parla; significa sintonizzarsi con i suoi sentimenti, scegliendo, al momento, cosa dire o fare; significa saper ascoltare”.  Oltre le sue parole, in realtà, non dimenticherò la sua mimica facciale e la sua modalità di gestire con eleganza la sua comunicazione non verbale.

Possiamo sapere molte cose ma se ciò che diciamo non sappiamo valorizzarlo sembra che non abbiamo detto nulla. Spesso la burocrazia amministrativa non investe nella prevenzione, in macro-azioni di sistema, perché risultano invisibili e non danno visibilità. Si preferisce agire quando si presentano i problemi, quando la gente protesta e chiede un intervento, come nel caso del bullismo e del cyberbullismo.

Non ci si rende conto di quanto la prevenzione sia un oggetto oscuro e impalpabile se non è pianificata, documentata, valorizzata. Ogni volta che si pianifica un’azione di prevenzione, si deve, parallelamente, contemplare il relativo piano comunicativo che dovrà, poi, analizzare ulteriori aspetti.

I fatti veri, non arricchiti con orpelli inutili, sono la prima cosa da comunicare!

Se si vuole accettare la sfida della prevenzione si deve studiare un sistema di comunicazione efficace che valorizzi le azioni di programmazione, monitoraggio e valutazione degli obiettivi.

La comunicazione efficace diventa un modo, uno strumento per far conoscere i nostri risultati, per fare prevenzione. Occorre, poi, definire gli obiettivi di comunicazione per valorizzare i risultati ottenuti prima di tutto attraverso un’analisi approfondita della situazione di partenza, di tutte le variabili interne ed esterne che concorrono all’obiettivo, criticità esistenti, punti di forza, di debolezza, opportunità offerte, scelte principali effettuate dalle istituzioni adibite a tali forme di comunicazioni. Molta importanza ha la definizione degli attori sociali coinvolti, il nostro principale stakeholder, i portatori di interesse, i destinatari delle nostre azioni, nonché il pubblico che può contribuire a facilitare la nostra azione di comunicazione.

Prendendo spunto dalla mia lunga esperienza aziendale potrei affermare che si può assimilare il concetto educativo a quello di marketing, ovvero mutuare le regole del marketing, appunto, al sociale, all’educazione, perché al centro dell’attenzione c’è l’essere umano, il suo benessere a 360 gradi, situazione sicuramente più complessa di un mercato o di un profitto economico-finanziario.