Sono trascorsi più di 50 anni dalle due importanti leggi inerenti il Nido e la Scuola dell’Infanzia:

  • 444/68, nasce la scuola materna statale
  • 1044/71, nasce l’asilo nido.

Da allora sono occorsi numerosi cambiamenti, sia a livello sociale che culturale, che hanno portato ad una nuova visione pedagogica relativamente all’ambito dell’infanzia, con la definizione di nuove teorie educative.

Anche la terminologia è stata modificata attraverso leggi statali che si sono succedute tra il 2003 e il 2015: da Asilo Nido e Scuola Materna a Scuola dell’Infanzia e Nido d’infanzia.

Per comprendere meglio questo passaggio dobbiamo far riferimento al termine francese “maternage”, cioè materna. Tale aggettivo, appunto, materna, attribuiva a queste istituzioni il compito di proseguire l’attività di cura e custodia della madre a cui, culturalmente, a quel tempo, spettava tale compito. Anche il termine asilo nido poneva l’accento su un luogo non educativo ma di custodia, in cui lasciare in custodia i bambini, una sorta di babyparking.

Personalmente, pur conoscendo ed utilizzando perfettamente la corretta terminologia relativa alla Scuola dell’Infanzia e al Nido d’Infanzia, mi piace pensare alla Scuola dell’infanzia proprio come ad una scuola materna.

Per spiegare meglio il mio pensiero mi faccio aiutare dalle sorelle Agazzi, si, proprio le due insegnanti delle cianfrusaglie, dei contrassegni, del metodo fare da sè.

Per le sorelle Agazzi il nome scuola materna sottintendeva l’idea di un ambiente familiare, ordinato, pulito, dove ci si voleva bene e ci si aiutava. Rosa e Carolina volevano che i fanciulli comprendessero queste idee: la scuola non era un luogo anonimo, dove i bambini venivano lasciati semplicemente in custodia. Al contrario, sia le mamme che i bambini dovevano capire che la scuola era un luogo familiare, dove si imparavano tante cose, si facevano le pulizie, si preparava la tavola, si coltivava l’orto, si facevano giochi e belle conversazioni, si cantava insieme.

Dunque, “materno” doveva essere l’atteggiamento affettivo delle maestre e può ancora esserlo, intendendo per materno un luogo educativo incentrato sull’accoglienza, sull’integrazione e sull’inclusione, cosa di cui io sono profondamente convinta.