Per trattare la tematica sulla memoria a breve termine (MBT) relativa al sistema mnemonico, facente parte del filone “Le strade dell’apprendimento” mi avvarrò della mia esperienza pedagogica, utilizzando un nome di fantasia per tutelare il rispetto della privacy.

I genitori di Simone, 8 anni, vennero da me preoccupati perché le maestre avevano riferito loro che, nonostante in classe sembrasse attento, non riusciva ad eseguire le istruzioni che riceveva a meno che non parlasse lentamente o fornisse istruzioni più brevi. Inoltre le maestre avevano notato che lo scoglio maggiore che trovavano con Simone consisteva nell’insegnarli nuove cose ma che, una volta apprese, le ricordava.

Si rivolsero a me per capire quale difficoltà si presentasse a scuola per Simone e per trovare la corretta strategia didattica per aiutare il figlio.

Dal mio colloquio con lui emerse che fosse un abile sportivo ed un grande chiacchierone, dotato, peraltro, di un vocabolario notevolmente ampio per la sua età dovuto anche al fatto che i genitori avessero sempre parlato molto con lui utilizzando termini corretti, anche quando era più piccolo. Il suo atteggiamento di apertura verso gli altri e di curiosità verso ciò che lo circondava gli conferivano un tasso di popolarità elevato nel gruppo classe che lui, certo, non disdegnava.

Simone tenne subito a precisare che questa sua “posizione” in classe non poteva essere compatibile con una difficoltà e, quindi, mi disse chiaramente che né i genitori né gli insegnanti capivano che lui non è che non riuscisse a stare attento per una difficoltà ma che avesse cose più importanti a cui pensare per stupire i compagni. Una giustificazione ben confezionata!

Come inizio gli parlai di un argomento che lo interessava molto, poi cambiai discorso, per poi riprenderlo a distanza di 30 minuti e, come pensavo, non ricordava quasi nulla di quanto detto. Immediatamente dopo affrontai una tematica a lui cara su un tipo di gioco e gli chiesi, appena terminato il breve discorso, di ripetere ciò che avevo detto e non ebbe problemi a farlo.

Mi fu chiaro che il problema di Simone fosse legato alla memoria a breve termine che rappresenta l’ingresso principale dei contenuti di apprendimento.

Le informazioni si fermano nella MBT per pochissimo tempo, circa due secondi e poi possono essere inviate alla memoria a lungo termine per poi essere “ripescate” all’occorrenza oppure subito eliminate se non considerate di interesse; in tal senso si può paragonare la memoria a breve termine come ad una sorta di comparto del sistema mnemonico. E’ un bene che la MBT sia, appunto, a breve termine in quanto un flusso ininterrotto di nuovi dati potrebbe sovraccaricare il sistema mnemonico mandandolo, in un certo senso, in tilt.

Il deficit di MBT non si manifesta in tutti i soggetti nella medesima maniera. Alcuni hanno ricordano meglio le espressioni verbali, altri hanno problemi ad ordinare flussi di informazioni in sequenze specifiche inibendo la loro capacità di eseguire bene le direttive, altri ancora respingono un solo formato di informazioni ed altri, infine, le respingono tutte, come Simone.

Per i bambini che vanno a scuola è difficile, a fronte di tante informazioni riportate dagli insegnanti, mantenerle tutte in questo comparto. Le abilità che dovrebbe avere un alunno con tale difficoltà dovrebbero essere di compressione[1] delle informazioni ricevute e di recodificazione[2] di quanto compresso.

Nei miei incontri con gli insegnanti spiego loro l’importanza, nel momento in cui si trovano a lavorare con alunni con deficit di MBT, di fermarsi a riassumere i concetti spiegati con termini chiari e semplici abbreviando le informazioni in modo che possano essere ricordate meglio.

Il deficit di MBT è associato, praticamente sempre, con un deficit attentivo: si ascolta fino a che si è in grado di assimilare le informazioni e, quindi, il livello di attenzione è proporzionale al livello di contenuti appresi.

I punti critici della MBT sono, quindi:

  • recodifica quindi capacità di concentrare le informazioni in entrata;
  • memorizzazione in formati specifici verbali, visivi sequenziali;
  • velocità di memorizzazione
  • collaborazione tra memoria e attenzione

Ho seguito Simone fino al termine del ciclo scolastico della scuola primaria e, durante questo tempo, imparò ad adottare la strategia didattica che avevamo elaborato insieme per gestire al meglio il suo deficit: si metteva al primo banco lontano dalla finestra (motivo di distrazione enorme per lui), utilizzava le tecniche mnemoniche che gli avevo insegnato (ripetere a bassa voce le informazioni sintetizzate dall’insegnante per rielaborarle e memorizzarle sotto forma di immagini).

La strategia didattica migliore, comunque, è sempre quella di fermarsi a pensare a ciò che si è appena appreso per fissarlo meglio.

[1] Funzione neuroevolutiva in cui i dati di entrata vengono compressi per poter trovare più spazio

[2] Funzione neuroevolutiva con il compito di condensare o abbreviare i dati di entrata