Il termine “adolescenza” deriva dal latino adolescere, che significa crescere fino alla maturità, passando, quindi, attraverso lo sviluppo.
Gli adolescenti vivono questa fase di transizione al pari di una faticosa camminata in salita in una via impervia: non sono più bambini, non sono più adulti, lottano per ottenere indipendenza ed autonomia ma, nello stesso tempo, sono ancora esseri fragili in corso di crescita ed è proprio questo stato altalenante che crea loro problemi e che rende questo periodo della vita tanto tormentato.
Dalla mia esperienza nelle relazioni educative genitoriali, nonché in veste di mamma, mi sono fatta l’idea che esistano tre fasi dell’adolescenza e che esse rispondano, reciprocamente, a tre precise domande che le caratterizzano:
- prima adolescenza: “Sono normale?”
- media adolescenza: “Chi sono?”
- tarda adolescenza: “Dove sto andando?”
Mi spiego meglio….
I giovani della prima adolescenza si trovano alle prese con i cambiamenti fisici, emotivi e mentali tali da sconvolgere la loro vita e quella dei loro genitori; può capitare che passino episodi di ipersensibilità su tutto ciò che li riguarda, preoccupandosi eccessivamente di “difetti” personali, per loro enormi ma dagli altri, magari, neanche notati, più che concentrarsi sulle qualità e questo comportamento può portare a farli dubitare di essere del tutto normali.
E’ proprio in questo periodo che il figlio/a docile e tranquillo di un giorno prima cambia all’improvviso subendo una sorta di trasformazione inspiegabile ai nostri occhi di genitori. Ricordo perfettamente il giorno in cui mia figlia decise di voltare le spalle all’infanzia, a tutto ciò che la riguardava e, soprattutto, a me in qualità di veste genitoriale. Negli anni, riparlando di questo momento, mi raccontò che sentiva come una vocina interiore che le diceva di fare così, di rompere i vecchi legami emotivi.
In realtà accade proprio ciò e, in più, questa rottura dei legami emotivi noti è coadiuvata da cambiamenti del cervello che consentono all’adolescente di sviluppare processi di pensiero più adulti. E’ come se si sollevasse un velo e lui/lei vedesse i propri genitori con occhi nuovi vedendone i difetti e, di conseguenza, rifiutandone il confronto, spesso con frasi tipo: “io non ho ripreso affatto il carattere di mia madre, sono diversa!”, sottintendendo per diversa l’aggettivo migliore; oppure un maschio potrebbe dire: “io non assomiglio affatto a mio padre, non so neanche io da chi ho ripreso perché non assomiglio a nessuno”.
Questo comportamento introduce la seconda fase, quella della media adolescenza. In questa fase gli adolescenti iniziano a sviluppare un maggiore interesse per i coetanei e cercano il confronto con loro circondandosi di tantissimi simboli tipici della loro generazione per trovare una caratterizzazione tutta loro, una personale identità e, anche a livello individuale, iniziano a rifiutare il controllo ed il supporto degli adulti. Da qui il periodo dei rapporti tesi con i genitori, quello che ci fa “uscire matti”, quello che i genitori con cui ho parlato definivano, più o meno tutti, come il periodo dell’ “esci da questo corpo”, parafrasando una famosa frase di un film. Attenzione, però, perché, paradossalmente, anche se sembrano cacciarci via in realtà hanno ancora bisogno, anzi, forse di più, di una guida che possa accompagnarli nella via impervia che dà il titolo a questo articolo.
Quindi, mi raccomando, mantenete aperte le vie di comunicazione, coraggio e sangue freddo. Un consiglio che ritengo utile è quello di scrivere su un pezzo di carta le cose veramente importanti per cui arrabbiarsi, scontrarsi e sfinirsi e quelle per cui vale la pena lasciar correre, altrimenti il rischio è di perdere il sonno, la salute ed il canale comunicativo con l’adolescente.
All’arrivo della terza adolescenza è auspicabile che il giovane abbia trovato la sua identità e che abbia iniziato a comprendere e, successivamente, definire cosa fare e cosa essere nella vita concentrandosi sul futuro ed iniziando a pianificarlo. In questo periodo i rapporti con i genitori cambiano nuovamente e cominciano a basarsi sul rispetto reciproco e sull’affetto, sul riconoscere ciò che i genitori hanno realmente fatto per loro e sul fatto che, via, questi genitori non sono poi così male! In realtà hanno ancora bisogno dei genitori che li aiutino a stabilire obiettivi, elaborare strategie per raggiungerli e, soprattutto, sono più predisposti ad accettare questo aiuto.
Vi lascio con una metafora: l’adolescente è come un satellite che, pur essendo un’entità a parte e non facendo parte di essa, orbita sempre intorno alla terra.