Nelle mie esperienze formative rivolte alle aziende, ambito Human Resources, ho avuto modo di progettare ed erogare formazioni a personale che necessitava di un percorso di riqualificazione professionale all’interno della propria azienda/società così come mi è capitato di erogare formazione a personale da tempo disoccupato.
In entrambe le situazioni il personale non affrontava un colloquio di lavoro da molto tempo ma, nel primo caso, le risorse dovevano imparare una nuova professionalità e presentarsi al nuovo responsabile ma sempre nell’ambito della stessa azienda, mentre nel secondo caso le persone dovevano completamente rimettersi “in gioco”.
Questo articolo nasce da entrambe le esperienze, estremamente arricchenti da un punto di vista umano e professionale, con l’intento di fornire alcuni suggerimenti per affrontare un colloquio di lavoro dopo tanto tempo, relativamente all’ambito della non occupazione.
La platea di discenti era composta da persone che avevano inviato decine di curriculum senza successo e, spesso, senza neanche una risposta, seppur negativa. Ciò, in alcune di loro, aveva generato uno stato di forte scoramento e, in un caso particolare, addirittura depressivo.
Nelle simulazioni di colloquio, momento importante della mia metodologia formativa, avevo notato un atteggiamento negativo relativamente alla convinzione di non essere, a prescindere, adeguati al lavoro per cui si era presentata la candidatura in un’ottica che, tanto, “niente di bello succederà più”.
E’ abbastanza scontato che tale negatività, nel momento in cui dovesse arrivare la chiamata per un colloquio di lavoro, porterebbe ad un atteggiamento il peggiore possibile che potrebbe inficiare in modo non positivo nell’incontro con il recruiter.
Come affrontare, quindi, un colloquio di lavoro dopo tanto tempo?
La cosa più importante è prenderla come un’esperienza che non possa che arricchire un bagaglio professionale già ampio, anche se il colloquio non fosse destinato ad andare a buon fine. Il lato positivo c’è sempre ed è quello di essersi preparati, di essersi messi alla prova, di essere stati chiamati e, quindi, migliori, agli occhi del recruiter, di altri che non lo sono stati e, soprattutto, ci si è riavvicinati al mondo del lavoro. Può essere visto come una sorta di tirocinio in cui incontrare vari recruiters ed imparare le varie tecniche che vengono utilizzate. “Come si suol dire, comunque vada sarà un successo!”.
Altro consiglio è quello di andare al colloquio con la convinzione che questa potrebbe essere “la volta buona”, quindi mettersi nella condizione di poter fare una bella figura, attuando un atteggiamento positivo per dare il meglio di sé. In caso contrario sarebbe solo una perdita di tempo e soldi di trasporto e di cibo, perché porterebbe ad una nuova frustrazione.
In sintesi sta tutto nel pensare che un colloquio di lavoro possa essere un’opportunità e che la miglior cosa è quella di non lasciare nulla di intentato nell’ottica che, alla fine, anche un rifiuto non cambierebbe affatto la situazione in cui già ci si trova.